sabato 26 ottobre 2013

Dissesto o riequilibrio finanziario?

I pro ed i contro di una scelta politica per il futuro della nostra comunità

Mi piace pensare all’attività politico amministrativa come il fiume nel deserto, capace anche di mutare il proprio percorso e riportare la vita nel territorio. Come l’acqua nel deserto qualsiasi decisione politica dei nostri amministratori, comprese le scelte in tema di bilancio, ha effetto che si riverserà sul futuro della città e della cittadinanza. Durante la pubblica assemblea dello scorso 12 ottobre tenutasi presso il teatro Rex, l’amministrazione ha affrontato anche il tema della finanza dell’ente e ha annunciato la scelta del  riequilibrio del bilancio per il risanamento. Vale la pena conoscere gli scenari e le prospettive anche nel caso del paventato ricorso al dissesto.
In caso di dichiarazione di dissesto, l’ente “contribuirebbe” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali quali: l’elevazione delle proprie entrate al livello massimo consentito dalla legge dei principali tributi, dei canoni e dei diritti; il contrasto all’evasione; il contenimento di tutte le spese comprese quelle del personale in esubero e dei lavoratori precari che andrebbero in mobilità. In caso di dissesto, inoltre, la commissione di liquidatori, chiamati a lavorare parallelamente alla Giunta, pagherebbero porzioni dei debiti contratti dall’ente nei confronti dei fornitori di beni e servizi (nella misura non superiore al 50%) attraverso l’alienazione del patrimonio e l’accesso al fondo di rotazione, il particolare strumento messo a disposizione dallo stato per assicurare stabilità agli enti che hanno dichiarato dissesto, nella misura di un contributo variabile per  ogni abitante. Ne consegue che anche le aziende o i professionisti che hanno fornito beni e servizi all’ente avrebbero un danno economico. Una volta chiusa la procedura di dissesto il comune ripartirebbe comunque senza alcun debito. Il dissesto economico porterebbe anche delle conseguenze sugli amministratori che, nel caso in cui si accerti che il dissesto derivi da azioni od omissioni, si vedrebbero estromessi dall’attività politica e chiamati ad un risarcimento del danno cagionato nei cinque anni antecedenti al verificarsi del dissesto. A Giarre, in caso di dissesto e accertamento di responsabilità 7 degli attuali consiglieri in carica verrebbero estromessi dall’attività politica.
 Il nostro Sindaco assieme alla Giunta e alla propria maggioranza ha scelto quindi la strada del piano di riequilibrio, chiedendo ed ottenendo in questa fase, di rimodulare il piano precedentemente presentato e votato dalla passata amministrazione e di spalmare il debito per i prossimi 10 anni. Il recupero delle risorse necessarie per coprire i costi per i servizi erogati dall’ente ai cittadini, oltre a quelle necessarie per coprire i debiti, arriverebbe ovviamente sempre tramite il contenimento ed il taglio della spesa, l’alienazione di beni patrimoniali, la maggiore tassazione a carico dei contribuenti e l’attivazione di un regime di spesa di 191 ove non è possibile, per l’ente svolgere nessuna attività ordinaria e straordinaria se non le spese urgenti ed indifferibili. Gli investimenti a favore della collettività, in buona sostanza, non saranno dunque possibili per i prossimi 10 anni, se non attraverso l’impiego di risorse precedentemente impegnate come ad esempio nel caso del progetto della rotatoria di Trepunti il cui finanziamento è stato ottenuto dalla precedente amministrazione. A proposito di bilancio e sulla riduzione del 10% della tariffa sui rifiuti (TARSU) annunciata dal Sindaco durante la presentazione al Rex, si potrebbe anche considerare come un atto dovuto in quanto l’ente negli anni passati, contrariamente a quanto dispone la legge, ha introitato il 110% del costo del servizio. La situazione dell’ente tuttavia appare difficile anche per i contenzioni accumulati dalle precedenti amministrazioni per una pratica diffusa che prevedeva il rinvio delle uscite dell’ente opponendosi ad azioni legali anche quando era certo che l’ente avrebbe perso la causa. Senza dimenticare poi dell’alienazione di beni patrimoniali: ancora si avverte l’eco di gruppi politici e delle associazioni che si chiedevano che fine facessero i soldi derivanti dalla vendita dei beni, compresi i capannoni della zona artigianale.
Alla luce di quanto descritto quale futuro sarebbe stato migliore per la nostra città? Se da un lato il risanamento ingesserà l’attività amministrativa nel medio-lungo periodo, probabilmente la scelta del dissesto sarebbe stata più cruenta. La certezza è che sicuramente nel passato qualcosa è stata fatta male, adesso guardiamo al futuro con la speranza che tutti gli amministratori decidano di andare nella stessa direzione e nell’interesse della comunità. C’è da crederci che lo faranno?

Armando Castorina

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