Solo
nella provincia di Catania sono a
rischio oltre 9000 posti di lavoro.
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Lavoratori "Almaviva" durante una recente protesta |
Negli ultimi anni, ed in
particolare in questi giorni, il tema del lavoro sta diventando un tema assai
sentito. Il lavoro alimenta la distribuzione della ricchezza ed il mantenimento
di un’economia virtuosa così come lo sviluppo, impresa e lavoro, sono
strettamente correlati poiché senza l’imprenditoria non ci sarebbero lavoro e
sviluppo e viceversa. Anche il
territorio Giarrese, da sempre vocato all’attività commerciale ed artigianale risente
pesantemente, negli ultimi tempi, dello scarso potere d’acquisto di famiglie e
persone che perdono il lavoro: è evidente
che se la gente non lavora non ha risorse da spendere per alimentare l’economia
locale costringendo così le imprese a ridurre sempre più la forza lavoro
impiegata. E un’emorragia che non conosce ancora lacci emostatici. Per tamponare
o porre rimedio alla perdita dei posti di lavoro oggi non basta più incoraggiare
le aziende attraverso l’incentivazione volta ad incrementare le assunzioni per
i motivi appena menzionati e non sempre utili si rivelano gli ammortizzatori
sociali che offrono un momentaneo sostegno ai fuoriusciti dal mondo del lavoro
o a chi il lavoro lo sta perdendo. Occorre certamente agire in maniera
intelligente, programmando seriamente gli interventi e sostenendo, ad esempio,
le iniziative delle piccole imprese offrendo loro l’accessibilità al credito,
semplificando le procedure per l’apertura di nuove realtà imprenditoriali,
sostenendo le imprese attraverso la detassazione per coloro che dimostrano di
investire, attivando anche quella politica protezionistica che nessuno vuole
discutere seriamente. A proposito di protezionismo e di lavoro, non si può fare
a meno di parlare della delocalizzazione selvaggia dei call center all’estero
poiché è un fatto che ci riguarda da vicino, più di quello che possiamo
immaginare. Si perché molti di voi non sapranno che oltre 9000 posti di lavoro
sono a rischio proprio in tutta la provincia di Catania e che ben 2500 unità sono
occupate presso uno dei più importanti call center del sud Italia, “Almaviva”
di Misterbianco, all’interno del quale svolgono l’attività lavorativa oltre un
centinaio di operatori provenienti proprio dalla nostra area (Giarre, Riposto,
Mascali e paesi limitrofi). Si parla di delocalizzazione selvaggia perché
aziende italiane produttrici di beni o di servizio che si avvalgono dei
call center per dialogare con la propria clientela, stanno già da tempo
riducendo le commesse contrattualizzate in Italia a favore di quelli che nel
frattempo sono espatriati all'estero (ad esempio Albania, Bulgaria, Romania)
dove il lavoro costa di meno anche per una questione di concorrenza sleale (non
sono sempre all’estero sono i diritti dei lavoratori). In questo contesto i
sindacati hanno assunto un ruolo importante nella protesta e hanno inoltrato
denunce alle Procure, al ministero del Lavoro, al Garante della Privacy,
all’Antitrust nei confronti delle aziende (soprattutto italiane) che avrebbero,
nell’ultimo anno e mezzo, delocalizzato attività facendosi beffa della legge
nazionale. Al centro delle denunce, in particolare la mancata applicazione dell'articolo 24 Bis del Decreto Sviluppo legge n. 83 del 2012, oggi
convertito in legge, su "Misure
a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della
concorrenza e dell'occupazione nell'attività svolta da call center" e segnalando, ove sussista il caso, l'erogazione
degli incentivi pubblici di cui alla Legge 407/1990. Nel mirino c’è anche il
mancato rispetto in tema di privacy e del “registro delle opposizioni” (quello
che vieta, ad esempio. agli operatori telefonici di contattare clienti che
hanno richiesto l’iscrizione a tale registro) da parte degli operatori che
lavorano in call cener all’estero. Secondo i sindacati, nessun operatore che
chiama da altri paesi, chiede all’utente italiano se accetta o meno una
chiamata dall’estero. Il che crea problemi di privacy e protezione dati. La
protesta si farà più forte nei prossimi giorni e, dopo le manifestazioni mosse
dai lavoratori nelle scorse settimane
nelle varie città italiani, raggiungerà l’apice il prossimo 4 giugno
quando si svolgerà a Roma lo sciopero nazionale dei call center. Alla manifestazione
prenderà anche parte una delegazione di oltre 200 lavoratori provenienti da
“Almaviva” di Misterbianco che raggiungeranno la capitale con il treno e con
l’aereo. Tutto si svolgerà per chiedere l’attenzione del governo ed ottenere ancora delle risorse da
impiegare per il mantenimento della forza lavoro. Già nel passato lo Stato ha
sostenuto i lavoratori del settore introducendo anche le formule di contratti
di solidarietà dove l’impresa si impegna a mantenere i posti di lavoro e il
lavoratore riduce il numero delle ore prestate. Negli
ultimi tre anni, fra sgravi, mobilità, mancato versamento contributi, incentivi
e finanziamento della cassa integrazione, il settore dei call center ha incassato dallo Stato 480
milioni di euro, senza però, di fatto, creare nessun nuovo posto di lavoro;
anzi, perdendone 15 mila. L’augurio comunque quello che, a seguito la
mobilitazione di questi giorni i lavoratori troveranno ascolto e che la
politica deciderà di intervenire
diversamente rispetto al passato, magari, con iniziative volte a ridurre il
costo del lavoro, ovvero i costi a carico delle imprese per ciascun lavoratore.
Sicuramente rispetto alle soluzioni adottate, tipiche della politica
assistenzialista e clientelare, che non sempre porta a creare opportunità di
sviluppo e lavoro, la riduzione del costo del lavoro rappresenta uno dei pochi
modi per rendere competitivo il mercato del lavoro, arginare il ricorso
all'estero ed attuare uno strumento di vera politica protezionistica. Esistono
in realtà altri strumenti che si potrebbero impiegare per contribuire al
contrasto del dilagare della delocalizzazione; uno di questi è il “consumo
etico” ossia chiedere ai clienti che contattano il call center di essere
gestiti esclusivamente da quelli italiani ma probabilmente ancora siamo lontani
dal comprendere l’importanza e la forza di questi strumenti per proteggere il
lavoro e l’economia locale e nazionale.
Armando Castorina
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